UFOLOGIA

DALL'OMBRA DI STALIN SU ROSWELL AI RICCI IN AMORE

 di Enrica Perucchietti

Dopo 60 anni e oltre di cover up e disinformazione governativa “sbarca” in libreria una pubblicazione che dovrebbe mettere la parola fine sul più celebre UFO crash della storia contemporanea: Roswell. La giornalista americana Annie Jacobsen, nipote intellettuale del nostro CICAP – ci dona nel libro Area 51 la rivelazione del secolo che tutti gli appassionati di ufologia attendevano con ansia. Abbandonata la strada del pallone sonda con cui il Pentagono ha cercato di mettere inutilmente una toppa alla fuga di notizie dell’incidente del 1947, la Jacobsen – che si occupa di sicurezza nazionale - rispolvera la vecchia ipotesi di apparecchi sovietici utilizzati a fini militari per spaventare la popolazione americana durante la Guerra Fredda. In sintesi: nell’estate del 1947 sarebbe davvero caduta una specie di disco volante telecomandato a distanza – come gli attuali droni - e dai rottami sarebbero stati recuperati i cadaveri di piccoli umanoidi. Però l’incidente avrebbe a che fare con l’URSS e non con gli alieni. Stalin avrebbe fatto sviluppare ai suoi scienziati i progetti dei fratelli Horten, i due piloti e inventori nazisti che durante la seconda guerra mondiale avevano realizzato un prototipo di caccia tutto-ala molto simile a un disco volante. Il prototipo è dato storico accertato, esistono i progetti, le fotografie, addirittura i filmati. Il resto non è attestato né verificabile. Anche in questo caso dovremmo fare un atto di fede e credere sulla parola ai testimoni che la Jacobsen ci propina. 

Una novità rispetto al passato però c’è: con questa nuova tesi si ammette l’esistenza di corpi ritrovati nel campo di Roswell il 3 luglio 1947, da sempre negata dal Pentagono. Ma quei corpicini non sarebbero appartenuti a entità extraterrestri bensì a bambini tredicenni deformi e truccanti appositamente per somigliare a creature aliene. A svelare alla giornalista segreti militari legati all’Area 51 e a Roswell sarebbe stato un suo parente acquisito, il fisico Edward Lovick, oggi novantenne che le avrebbe fornito i nomi di alcuni anziani superstiti dell’Area 51.

A proposito delle autopsie effettuate sui cadaveri recuperati dall’aeronautica, il Colonnello Philip Corso – che pure ammetteva l’esistenza di prototipi di dischi volanti sovietici di origine tedesca - scrisse nei suoi diari, “le fotografie nei miei archivi mostravano un essere alto circa un metro. Il corpo sembrava decomposto. Le foto per me non erano molto utili, ma lo erano i rapporti medici: gli organi, la struttura ossea e l’epidermide erano diversi. Il cuore era più grande, maggiore l’estensione polmonare, diverse le sezioni muscolari. Le ossa erano veramente singolari. Le composizioni della pelle estremamente interessante. Sembrava che gli atomi fossero allineati per proteggere gli organi vitali dalle radiazioni cosmiche o dall’attrazione gravitazionale. Non ci si dilungava sul cervello, molto grande rispetto alle dimensioni del corpo. Molte le sorprese biologiche: numerose caratteristiche morfologiche divergevano da quelle umane, eppure la struttura complessiva non se ne discostava troppo”. In che modo la descrizione di queste EBE sarebbe compatibile con dei tredicenni seppur deformi ma pur sempre umani? Evidentemente, nessuna.

Unico precedente altrettanto strampalato nella storia della disinformazione – che personalmente continua a meritarsi il primo posto nelle bufale romanzate – è la spiegazione che a formare i Crop Circle nei campi inglesi sarebbero i ricci in amore che durante le loro evoluzioni “sessuali” darebbero origine ai complicati disegni tra le spighe di grano. Già, ricci.

Dopo i porcospini esperti di cabala e di complesse teorie matematiche da far invidia a John Nash, ora i discepoli di tutti i Piero Angela del pianeta possono leggere il libro della Jacobsen e tornare a dormire sonni tranquilli: non esiste vita al di fuori della Terra – che si mormora forse è davvero piatta – e quegli strani aggeggi che ogni tanto solcano i nostri cieli sono prototipi americani, cinesi o russi. Messi in soffitta palloni sonda e satelliti – tanto evocati negli anni ’50 e ’60 - la spiegazione dei finti UFO può risolvere non pochi problemi: siano essi di tipo classico, a sigaro, triangolare, metallico o colorato. Forse ogni nazione ha il suo velivolo che li contraddistingue, una specie di marchio di fabbrica e i Paesi più poveri si limiterebbero a semplici Orbs poco complesse dal punto di vista ingegneristico…

Va bene non bersi le testimonianze dei contattisti di strada o prendere per vere le innumerevoli bufale che corrono sul web, ma da passare per sprovveduti all’essere imbecilli ce ne passa. Tra gli opposti troviamo le teorie di C. G. Jung o del guenoniano Jean Robin, che con l’ufologia in senso stretto non hanno nulla da spartire. Ma almeno hanno avuto l’accortezza di considerare con rispetto le casistiche e i testimoni per poi teorizzare il loro sistema di pensiero. Poi abbiamo un John Keel o uno Jacques Vallee vicini alle posizioni parafisiche accreditate dalle teorie della quantistica contemporanea. Macché! Il debunking americano ama trattarci come ingenui e propinarci teorie al limite del ridicolo. Magari nella prossima fatica editoriale la Jacobsen ci spiegherà che nei quadri dal Tardo Medioevo al Rinascimento – come “La Madonna con Gesù e san Giovannino” della Scuola del Lippi, “L’annunciazione” di Paolo Criveli, “La leggenda della vera Croce” di Piero della Francesca o “Il miracolo della neve” di Masolino da Panicate – troviamo immortalato un prototipo elaborato da Leonardo da Vinci! Le nubi che tanto piacciono ai critici dell’arte per giustificare quei velivolo fuori posto e fuori tempo finirebbero così a guadagnarsi credito “scientifico” a livello dei palloni sonda.

Per stare al passo con l’era della tecnologia trionfante un po’ di sano revisionismo storico porta la Jacobsen ad attribuire un salto qualitativo ai sovietici che all’inizio della Guerra Fredda sarebbero già stati in grado di lanciare nei nostri cieli finti UFO con equipaggio a bordo. Non è chiaro se il crash del New Mexico fosse compreso nel diabolico piano di Stalin: altrimenti perché inserire ragazzini macrocefali e truccati a mo’ di alieni grigi? Per le foto ricordo? Una volta rinvenuti i corpi e studiati il segreto sarebbe stato svelato in fretta e la copertura per la guerra psicologica crollata miseramente insieme ai milioni investiti per la costruzione del velivolo “terrorista”.

Che ci siano i testimoni militari conta quanto il due di picche. Gli ufologi dalla loro ne hanno a decine insieme ad ex ingegneri, consulenti, astronauti. Perché credere ai primi e non agli altri? Perché non credere che siano costoro agenti della disinformazione? Dopo averci ripetuto fino alla nausea che si trattava di un pallone sonda, dopo aver screditato testimoni e deriso ricercatori, perché mai dovremmo dare retta a questi ex militari? Dovremmo dunque archiviare le testimonianze di Jesse Marcel Junior o di Philip Corso e riconsiderare l’origine della retroingegneria? Ciò ci porterebbe a ipotizzare che le ricadute tecnologiche dalla fibra ottica ai microchip sostenute da Corso siano in realtà prototipi sovietici? E che cosa pensare, allora, del frammento di metallo “sottile come carta” e del pezzo di “tessuto resistente ai Raggi X” che provenivano, secondo il racconto di Corso, dai rottami dell’UFO? “Li estrassi da un fascicolo cui ebbi accesso tredici anni dopo – racconta il Colonnello in L’alba di una Nuova Era – La documentazione allegata sottolineava come, trattandosi di una massa densa, apparisse un allineamento atomico-molecolare impenetrabile ai raggi X e alle radiazioni cosmiche”. Merito della tecnologia sovietica? O dobbiamo credere che Corso fosse in malafede?

Ma se i sovietici erano così all’avanguardia con i loro studi già nel 1947, perché non hanno battuto gli americani nella corsa allo spazio bruciandoli sul tempo? Perché ad andare sulla Luna non sono stati per prima i sovietici – che erano più avanti nelle ricerche degli americani e avrebbero avuto vent’anni di tempo per affinare i prototipi?

Così Corso aveva motivato la decisione di rendere pubblico parte dei segreti di cui era a conoscenza in merito all’incidente di Roswell e alla retroingegneria: “L’accordo tra noi militari era di non parlare sino a che la coscienza non ci avesse imposto di farlo. Il momento per me è arrivato quando è morto il mio superiore, il generale Arthur Trudeau. Ma c’è ancora molto da dire e soprattutto da fare per il bene delle nuove generazioni”.

Dopo che avremo perso nuove energie a controbattere alle tesi avanzate dalla Jacobsen, a chi toccherà infrangere i segreti della politica staliniana?

Fortunati i ricci che si tengono impegnati con i Cerchi nel Grano.

CROP CIRCLE E LA DANZA DEI FAIRIES

Di Enrica Perucchietti

Luci rosse nel cielo, globi luminosi, terribili apparizioni nell'aria, fievoli chiarori, fuochi splendenti, segni circolari nel terreno, spighe piegate. E ancora miraggi di palazzi nei cieli, diavoli e streghe che danzano in tondo nei loro sabba infernali. Siamo nel Medioevo: l'aria trasuda di figure umane e l'atmosfera sembra tutta un grande sogno, secondo il racconto dell'occultista Eliphas Levi. Le cronache dal VII secolo in avanti narrano di figure umane che si affacciano tra le nubi, marinai celesti che viaggiano su navi con le vele al vento e di eserciti schierati, ma anche della comparsa di luci misteriose e di cerchi nei campi. Ed proprio sugli antenati dei nostri modernissimi crops che ci soffermeremo.

Chi crede infatti che il fenomeno dei crop circles sia semplicemente una manifestazione fisica legata al tema UFO o alle mutilazioni di animali e che si sia affermato soltanto negli ultimi decenni, si sbaglia di grosso...

Le fotografie e i resoconti di contattisti quali Billy Meier - piuttosto che una visione univoca di ufologi e paleostrauti - hanno spinto a collegare la comparsa dei primi segni sui campi esclusivamente all'atterraggio di astronavi: i segni sul terreno sarebbero prodotti dalle fonti di radiazioni emesse dai dischi volanti al momento del loro atterraggio. Una teoria limitata che spiegherebbe solo le tracce parziali lasciate da alcuni dischi volanti in alcuni campi, non in tutti. Una teoria che ha rallentato lo studio scientifico e filosofico dell'argomento e che non puin ogni caso spiegare la formazione dei pittogrammi picomplessi apparsi negli ultimi anni nei campi di tutto il mondo. Un approccio esclusivamente tecnologico del problema non puche produrre risultati limitati e parziali. Solo un approccio multidisciplinare che tenga conto degli studi di fisica, chimica, biologica, ufologia, filosofia, metafisica, ermetismo, antropologia e storia puchiarire uno dei misteri piaffascinanti degli ultimi secoli.

E' altrettanto impreciso considerare come il padre di tutti i crop circles quello la cui apparizione riportata in un documento del 1678, testo ritenuto da molti la prima testimonianza assoluta della formazione di cerchi nel grano. Il manifesto in questione riporta una delle piantiche e ufficiali testimonianze riguardo alla comparsa dei crops, ma non la prima. Perch come vedremo, il fenomeno sembra affondare le radici nell'antichite legarsi a filo doppio alla spiritualitdegli antichi popoli e all'interferenza sul nostro piano dimensionale di entitprovenienti da altre dimensioni.

Forse bene che si riveda il nostro modo di pensare la realt Dallo spiritualismo filosofico di Berkeley, Fichte e Bergson, alle teorie dei multiversi della fisica quantistica e agli studi sugli stati alterati della coscienza da parte della neuropsichiatria, le altre dimensioni non ci sono mai sembrate cosvicine nello spazio e nel tempo, comprese in un ventaglio che comprende infinite alternative, infiniti mondi. Passato, presente e futuro ripiegati in un sol punto. Infinite realt infinite entitper ognuna di esse. Quasi una matrioska contenente infiniti labirinti di un infinito numero di specchi. Non solo alieni dunque, ma anche esseri spirituali, viaggiatori ultradimensionali che dal Medioevo all'epoca Vittoriana si mostravano agli umani in forma di fate, elfi, folletti, jinn, streghe e diavoli e che seguendo una forma di evoluzionismo, si sarebbero modificati di pari passo con la nostra cultura, apparendoci ora, in un'epoca tecnologica, per lo pisotto forma di orbs, sfere di luce, flotillas. La nostra realtcompenetrata da altri infiniti mondi? Le entitdimensionali possono accedere tramite dei varchi al nostro piano di esistenza alzando o abbassando le loro frequenze energetiche? E queste creature che da sempre sembrano accompagnare la storia dell'Uomo, assumono forse aspetti diversi a secondo del grado e del tipo di cultura delle persone a cui si manifestano?

Torniamo al manifesto del 1678, The mowing devil, or strange news out of Hartfordshire. Il diavolo mietitore racconta di un ricco proprietario terriero che respinge la richiesta di aumento di ricompensa del bracciante che gli doveva mietere il campo. La richiesta fu respinta con un'imprecazione: "Che lo mieta il diavolo, allora!". Quella stessa notte accadde che il campo di avena prese a rilucere quasi fosse stato avvolto da un grande incendio, il giorno dopo il raccolto apparve cosperfettamente mietuto da far pensare ad un'opera del diavolo o di qualche altro spirito infernale in quanto nessun mortale sarebbe stato in grado di produrre qualcosa del simile. Ad affiancare il testo giabbastanza esplicito, un'incisione che raffigura il diavolo con una falce in mano, circondato dalle spighe mietute e adagiate a terra in vari cerchi concentrici. Ma non solo.

A uno sguardo piattento l'entitsembra fluttuare in aria senza toccare il terreno, proprio come raccontano le cronache riguardo alle danze di fate, elfi, folletti e altre creature del Popolo Fatato …

Ma facciamo un passo indietro.

Esattamente un anno prima della stesura del manifesto lo scienziato inglese Robert Plot suggerche le impronte sui campi, al tempo non ancora complesse, per lo picircolari, quadrate o esagonali, fossero l'effetto di correnti di vapore originate nelle parti alte dell'atmosfera. Cia indicare che il fenomeno all'epoca era ben conosciuto e non sporadico e che anche gli scienziati si interrogavano con meno scetticismo di oggi sulle cause. Allora non si erano ancora coinvolti vecchietti truffatori o ricci in amore per spiegare l'origine del problema. Lo spirito dei tempi portava semmai a richiamare la superstizione e l'operato degli spiriti piuttosto che altrettanto fantasiose tesi da scientismo di deriva. Fu solo a partire dagli anni '20 dello scorso secolo che le autoritiniziarono a incolpare ignoti vandali di lasciare le misteriose impronte nei campi.

Prima di soffermarci a parlare della danza dei Fairy e dei Cerchi Fatati bene ricordare la presenza dei crops non solo nei campi di grano o avena ma anche nella sabbia, nel ghiaccio. Poco noti i Foresti Rings canadesi e i Fairy Circles in Namibia che interessano quelle zone tutt'oggi, al punto che l'ente canadese Ontario Geological Survey li utilizza per pianificare ricerche minerarie mirate, avendone intuito la portata scientifica aldildel messaggio simbolico che essi portano con s

Il disegno circolare evoca subito le strutture megalitiche utilizzate anche in tempi moderni per meditazione e rituali sciamanici proprio per la loro presenza in terreni energetici lungo specifiche linee di forza e per il simbolo e la sacralitche il cerchio richiama da sempre.

Ed inoltre attorno al cerchio, disegnato, improvvisato, o megalitico che sia, che avvenivano fin dagli albori le danze, i rituali sciamanici, le evocazioni degli spiriti: piin generale i riti che permettevano di accedere agli altri mondi e al sacerdote o sciamano di cadere in trance ed entrare in contatto con gli spiriti. Ma anche i monumenti funerari avevano spesso la forma circolare, essendo il cerchio il simbolo per eccellenza del tempo non lineare e dunque dell'eterno ritorno: il sacro che si manifesta con la vita, morte, resurrezione secondo il tempo circolare, il ciclo della natura. Da qui il simbolo dell'oroboros, il serpente che si morde la coda.

Ma nei millenni sono riscontrabili indizi indiretti che lasciano ipotizzare che il fenomeno dei crops fosse noto anche nell'antichit A partire dai Rotoli di Qmran che nel racconto della nascita di Noriportano dell'apparizione di un marchio sull'orzo e sulle lenticchie...

Si deve risalire indietro nei secoli fino al V-VI secolo per trovare la descrizione di piccoli demoni, creature dall'aspetto umano ma dalla pelle nera, oppure grinzosa: emettono grugniti infernali, scendono dal cielo da una nube nera e ballano in maniera devastante, da qui il termine sabba infernale. I testimoni che assistono o partecipano a questi sabba parlano di segni circolari lasciati nei campi di grano al loro passaggio. Le piccole creature vengono presto assimilate al Maligno e alle Streghe.

Due secoli dopo, nel 840 d. C. troviamo la descrizione dell'abitudine dei sacerdoti pagani di evocare i Magoniani, spiriti ultraterreni dell'aria, per scatenare tempeste e procurare danni ai raccolti, tra cui appunto l'appiattimento del grano: 鄭bbiamo visto e sentito molti uomini piombati in cosgrande stupidit sprofondati in tali abissi di follia, da credere che esita una regione ben definita, che chiamano Magonia, dove battelli navigano nelle nubi per portare in quel luogo i frutti della terra che la grandine e le tempeste hanno distrutto; e che i marinai pagano compensi agli stregoni della burrasca e a loro volta ricevono grano e altri prodotti A parlarne l'arcivescovo di Lione Agobardo nel suo Contra insulsam vulgi opinionem de grandine et tonitruis. La sua descrizione dei Silfi, abitanti di Magonia, venne ripresa nel 1670 dall'abate Nicolas Pierre de Motfaucon ma avrebbe ispirato soprattutto il capolavoro dell'ufologo Jacques Valle Passport to Magonia.

Ma a partire dal XVI secolo e proprio con il menzionato scienziato Robert Plot che si trovano i primi documenti che accertano il fenomeno dell'apparizione di cerchi e altre figure geometriche nei campi d'erba. Ma non solo. Se Plot da buon scienziato ricorre alla tesi di flussi d'aria discensionali, egli riporta anche il racconto di avvistamenti di creature simili a uomini e donne visti danzare all'interno di un cerchio di erba schiacciata, convalidando la credenza diffusa della 泥anza del Popolo Fatatoo 擢airy Da qui racconti, leggende, cronache ma anche dipinti e incisioni della cosiddetta danza dei Fairy che si radica nella cultura anglosassone fino in epoca moderna dove, la danza di piccoli esseri si mescola e si confonde sempre piad apparizioni di luci nel cielo, di sfere luminose, meteore ed UFO.

Ma la madre degli studi scientifici del fenomeno crop circles risale al 1880 per mano del meteorologo John Rand Capron che sulla rivista Nature pubblica nel numero 22 del 29 luglio 1880 un articolo in cui analizza le diverse formazioni inspiegabili di forma circolare apparse quello stesso anno in diversi campi inglesi. Ancora una volta sono i vortici di vento la spiegazione piplausibile.

La genesi dei moderni crops, come oggi li conosciamo, potrebbe risalire agli anni Venti: negli Stati Uniti la polizia fu costretta a emettere delle ordinanze contro atti vandalici commessi da sconosciuti nei campi di grano. Da qui in poi, in tutto il mondo, si raccolgono sempre pitestimonianze di proprietari terrieri che denunciano la comparsa misteriosa, dalla sera alla mattina di disegni circolari, pittogrammi, simboli geometrici nei loro campi. I testimoni che hanno la (s)fortuna di assistere alla formazione improvvisa dei pittogrammi nei campi parlano di un vortice di vento e detriti sul luogo della formazione e della comparsa successiva dei segni con le spighe piegate come da una forza misteriosa. Ad anticipare la formazione un fischio o un ronzio metallico. Tutto confermerebbe la teoria dei vortici almeno per le formazioni primitive e pisemplici, non fosse per un dettaglio da molti studiosi sottovalutato, o semplicemente ignorato: la Danza dei Fairy.

Apparentemente nulla collegherebbe i racconti fantastici della cosiddetta danza del Popolo Fatato ai crops. Se in epoca moderna il fenomeno si associa semmai alla comparsa di sfere di luce senzienti, a esseri di luce che sembrano interagire con il nostro piano di realte comunicare con noi attraverso sempre piarticolati pittogrammi, addirittura ad astronavi e a mutilazione del bestiame, fino a qualche anno fa il ricordo e la descrizione di danze di fate, elfi e folletti sembrava la causa della formazione dei cerchi nel terreno. Soprattutto tra la gente comune abituata a quello strano fenomeno. Non solo. La danza di queste creature potrebbe essere una tecnica per aprire o tenere aperti dei portali dimensionali in modo da accedere al nostro piano di esistenza. In che modo?

Va a Janet Bord il merito di aver riportato alla ribalta il tema della Danza dei Fairy. La scrittrice ci ha lasciato un'enorme quantitdi trascrizioni di avvistamenti reali, racconti, fiabe risalenti al Medioevo. Le descrizioni ricorrono con similitudini tali da apparire impressionanti. Il leit motiv vede uno o pimalcapitati di passaggio per campi o boschi imbattersi in un gruppo di strane creature impegnate in danze in cerchio: si tengono per mano, sono piccoli, nuomini, ndonne, nbambini, stranamente abbigliati. Spesso sembrano luminosi e indistinti, quasi i loro corpi fossero inesistenti.

All'elemento ludico della danza si associa cosil fascino esercitato sugli uomini che si fermano incantati a osservare il fenomeno e che spesso finiscono, se invitati, a partecipare al connubio, facendosi trascinare nel cerchio magico, dove il tempo trascorre in modo diverso: ad alcuni minuti corrispondono ore, giorni, anni, addirittura secoli. Da qui il racconto di ignari contadini o forestieri che abbandonate le danze tornano a casa ma si ritrovano con orrore sbalzati anni e anni dopo il giorno in cui tutto iniziato. Con disperazione si rendono conto di essere stati ingannati, di aver perso tutto, casa, amici, parenti, coniugi. Da questi racconti emerge una diversa concezione del missing time rispetto alla casistica delle moderne abduction dove il tempo mancante in genere riguarda poche ore, al massimo alcuni giorni. I rapporti con i Fairy portavano allora a una dilatazione del tempo diversa da quella che consegue oggi a un rapimento alieno.

Ma non tutti i Fairy avvicinano gli uomini o gradiscono essere interrotti nelle loro danze. Molte testimonianze riferiscono di eccessi d'ira di queste creature che aggrediscono i malcapitati che si fanno scoprire ad osservarle: nel 1750, nel Denbighshire, Edward Williams racconta di essersi imbattuto in 砥n gruppo di...esseri nuomini ndonne nbambini, che danzavano con grande vivacit熹. Alla vista dell'intruso gli esseri si precipitano verso di lui facendolo scappare terrorizzato. In Francia questo genere di Fairy danzanti sono chiamati kornigan o corrigan. Danzano in cerchio tenendosi per mano ma scompaiono al minimo rumore. L'indomani rimangono segni circolari sul terreno...

Da ciemerge l'idea che queste entitnon siano impegnate in una comune danza. Che sia una forma di rituale, come ha suggerito Graham Hancock, riprendendo le ricerche di Janet Bord?

La danza del Piccolo Popolo puavere un significato ben preciso che va oltre il lato ludico del ballo?
Gli avvistamenti continuano ben oltre l'Epoca Vittoriana. Nel 1945 J. Foot White e un amico, attraversando la campagna del Dorset si imbattono in un gruppo composto da una ventina di esserini che ballano con le mani unite e sollevate verso il cielo. Alla presenza dei due uomini scompaiono nel nulla. Si continua coscon sovrapposizioni progressive di avvistamenti di Ufo sempre pifrequenti con il passare del tempo, finchi Fairy sembrano sparire dai boschi, dai cieli e dalla memoria collettiva per cedere il passo a ben pitecnologiche astronavi, orbs, alieni piconsoni alla modernità.

Ora a danzare nei nostri cieli, sui boschi, sui campi di grano sono le sfere di luce. Ma sempre l'elemento della danza circolare, armonica e fluttuante a contraddistinguere il fenomeno delle apparizioni dei crops. I cerchi nel grano sono solo una conseguenza accidentale del passaggio di queste entito sono il reale obiettivo di orbs e folletti? I simboli sempre piarticolati che troviamo incisi sul terreno sono una forma di comunicazione rivolta a noi, alla Natura, o un linguaggio segreto comprensibile solo ad altre entit

Perchi Fairy prima, le orbs ora, amano cosla danza, fluttuare nel cielo senza direzione precisa?

L'amano e basta, come suggeriva Janet Bord? Oppure la danza una tecnica, uno strumento per qualcosa di specifico? Puessere un mezzo per aprire degli stargates, delle porte tra la loro e la nostra dimensione lungo specifiche linee di forza? E' forse un modo per attivare, aprire dei portali dimensionali?

Una volta erano i folletti, demoni o streghe che utilizzavano i Cerchi fatati o Cerchi nell'erba dovuti alla crescita particolare di funghi sotto la superficie del terreno come luogo per i loro incontri. Nel Cinquecento il vescovo Olaf Magnus attribuiva i cerchi nel grano e nell'erba alla danza degli elfi che con i loro movimenti 斗asciano dei segni cosprofondi nel terreno che l'erba non cresce, bruciata da un calore tremendo Radiazioni prodotte dalle loro danze? Oggi sono le sfere di luce a piegare le spighe, a creare i pittogrammi sempre pibelli, evoluti, complessi, simbolici.

La danza in tondo- che sia di fate, folletti, alieni o sfere, con i movimenti vigorosi, veloci, energici, ritmati, costanti e soprattutto circolari, come le danze sciamaniche che permettono di cadere in trance e accedere a stati di coscienza alterati - potrebbe essere interpretata come una vera e propria tecnica di entità spirituali o semplicemente multidimensionali per comunicare con noi entrando attraverso un processo energetico nel nostro piano di esistenza. Coscome gli sciamani potrebbero aver appreso dagli spiriti la tecnica della danza ritmata per cadere in trance ed entrare in contatto privilegiato con loro anche senza l'uso di sostanze psicotrope...

C'era una volta uno spirito, poi una fata, un folletto, un alieno; infine una sfera di luce. Pineutra, meno elaborata. Piadatta all'uomo moderno che non ha tempo per visioni, misticismi, superstizioni. Che pur sempre alzare gli occhi al cielo e confonderla con un fulmine globulare o un satellite. Non accorgersi semmai di qualche minuto mancante. Abbiamo fretta, troppa fretta, non possiamo seguire il Bianconiglio nella tana, intanto meno unirci alle danze di esseri che non esistono nella nostra epoca.

Ma dietro la forma diversa, la stessa sostanza.

Nei nostri occhi la stessa causa, infiniti fenomeni.

Dietro la maschera l'inganno.

Ancora una volta l'Eterno Ritorno

UFO SU TORINO

Di Enrica Perucchietti

Una sfera sullo Stadio Olimpico
“Erano circa le 23.00 di mercoledì sera, 5 agosto. Una serata limpida, senza nuvole. Afosa. Ero sul balcone di casa immerso in una conversazione telefonica quando all’improvviso ho notato in cielo una luce farsi sempre più nitida e vicina. Ho capito chiaramente che non poteva essere né una stella, né tanto meno un aereo a causa della sua traiettoria irregolare, a scatti. Focalizzando meglio lo sguardo ho visto che era una sfera di colore arancione. Il globo si è avvicinato verso casa mia seguendo una strana orbita a zig zag e, facendosi più nitido, ha sostato per un paio di minuti nel vuoto, come in sospensione, poi è ripartito con una accelerazione verso l’alto, in direzione di Stupinigi. Mi ha dato l’impressione che fosse un corpo di luce senziente, sicuramente non un oggetto metallico. Quasi come se esso stesso, o qualcosa al suo interno, stesse osservando qualcuno o meglio, interagendo con l’ambiente circostante. Mi ha dato l’impressione che mi stesse spiando”. A raccontare con la voce rotta dall’inquietudine l’ultimo avvistamento sui cieli di Torino è un testimone residente in periferia, di fronte allo Stadio Olimpico. Il suo è soltanto l’ennesimo avvistamento nel capoluogo piemontese, scenario, a partire da maggio di molteplici segnalazioni di Ufo nei cieli. Che, tranne in quest’ultimo caso, sembrano prediligere la zona della movida torinese e le ore serali, intorno alle 23.00. Quasi a volersi rendere ben visibili al maggior numero di gente possibile. Chi conosce Torino sa che per far meglio potrebbero palesarsi soltanto in pieno giorno.

A maggio arrivano le Flotillas
Tutto ha avuto inizio sabato 2 maggio, quando decine di torinesi si sono ritrovati in Corso Casale con il naso all’insù e un’espressione sbalordita sul volto ad ammirare le straordinarie evoluzioni di cinque oggetti luminosi nei cieli sopra la collina di Superga. Uno di loro ha avuto la prontezza di afferrare il cellulare e girare un filmato che ora sta facendo il giro del mondo e dividendo il popolo di Internet per la nitidezza delle sue immagini. Le iniziali risate e battute degli amici a cui fa seguito un crescendo di tensione e meraviglia sembrano testimoniare la veridicità del girato. Un avvistamento che precede di un mese il più eclatante caso di Ufo nei cieli di Bari, seguito da avvistamenti a Milano e Napoli, e che sembrerebbe confermare come il fenomeno delle flotillas, tipicamente sudamericano, si stia radicando anche nel nostro Paese. Con sempre maggiori testimoni come è successo negli ultimi anni in India. Sbarcato in Italia poco più di un anno fa, il fenomeno si è diffuso a macchia di leopardo, concentrandosi però nel periodo estivo su Torino e Napoli. Forse non tutti ricordano che, teatro dei primi avvistamenti estivi, è stato il meridione con le segnalazioni di massa avvenute a Bari e Taranto. In questo caso ne parlarono (stranamente) anche i giornali e il TGCOM, forse “costretti” a dare la notizia dalla risonanza che ebbe l’episodio, non senza il solito piglio sarcastico e scientista tipico dei media cresciuti a pane e CICAP. Decine di persone ,allarmate per l’ipotetica caduta di un aereo o di un corpo celeste, presero d’assalto il centralino dei vigili del fuoco e dei carabinieri per chiedere che cosa fossero quelle sfere di luce che viravano dal bianco all’arancione e che schizzavano da un capo all’altro della città con velocità inusuale. Avvistamenti ufologici e incontri ravvicinati in Puglia si documentano a partire dal 1910. Ben duecento da allora sino a oggi. Negli ultimi due anni i dischi volanti si sono conquistati addirittura le prime pagine dei giornali. Già la scorsa estate poco prima della notte di San Lorenzo, la località di Polignano era stata teatro di avvistamenti di "palle opalescenti" nel cielo notturno seguite da strani cerchi comparsi nei campi di grano a Monteiasi, vicino a Taranto. Quest’anno è stata invece la volta dei soli globi luminosi che hanno incendiato prima il cielo tra Bari e la costiera salentina intorno alle 20,30 di venerdì 12 giugno, per poi riapparire il 15 sera sul cielo di Taranto. Decine gli avvistamenti liquidati come sempre dagli “esperti” come una pioggia di meteoriti che avrebbe interessato tutto il Mezzogiorno. Chissà se la pioggia di meteoriti è la causa anche dei crop circle nei campi di Monteiasi dell’anno scorso, o se l’origine dei graffiti sia da ricercare più semplicemente nei soliti burloni o nei ricci in amore…

Torino: avvistamenti di massa
Tornando a Torino, il caso del 2 maggio oltre che a segnare uno spartiacque nella fenomenologia estiva, ha una caratteristica ben precisa: i testimoni sono decine di persone tutte concordi nel descrivere quello che hanno visto e potuto filmare: “strane luci di colore arancione che avevano un’intermittenza particolare e seguivano strane orbite”. Liquidata la possibilità che si possa trattare di evoluzioni serali di aerei civili o militari in libera uscita, rimane insoluto l’enigma sulle orbs taurinensi. Decine le persone che hanno assistito allo spettacolo da un capo all’altro della città, dalla collina fino a Pino Torinese. Un altro gruppo, formato da una decina di persone, si è fermato a guardare “una sola sfera che transitava in direzione sud proveniente da nord, all’inizio sembrava un normale aereo. A questa si sono aggiunte altre 4 sfere giallo-arancioni che seguivano la stessa direzione. Erano sparse, poi una si è messa da parte e le altre si sono messe quasi in fila, spesso si incrociavano e si scambiavano tra loro”. Nonostante le foto e le riprese con i telefonini, la notizia ha sonnecchiato eludendo astutamente televisione e quotidiani, e sopravvivendo solamente in rete. L’evento, però, si è ripetuto dopo due settimane. Dando così vita a un passaparola che ha portato il popolo di internet a domandarsi che cosa stesse, o meglio, stia accadendo nei cieli di Torino. Perché la città magica per eccellenza, aristocratica e un po’ snob, amante dell’occultismo, dell’alchimia, della magia, ma per questo refrattaria alla più “popolare” ufologia, sia diventata provvisoriamente meta turistica delle sfere luminose.

Torino: gli Ufo amano la movida
Il 17 maggio altre decine di testimoni hanno potuto scorgere nei cieli di Torino nella centralissima Piazza Vittorio, pochi minuti dopo mezzanotte, uno spettacolo di luci del tutto particolare. Anche in questo caso tra i testimoni non è mancato chi ha sfoderato l’immancabile cellulare per riprendere la coreografia delle sfere luminose. Nel filmato si notano chiaramente sei sfere muoversi con traiettoria irregolare sopra i tetti di Piazza Vittorio dove ogni sabato si riuniscono migliaia di giovani per trascorrere la serata nei locali della movida. Non solo Murazzi, casa del sindaco Chiamparino, locali alla moda, ora Piazza Vittorio è anche meta di pellegrinaggio degli Ufo. Il popolo della notte incuriosito dalla notizia passa il tempo con il naso all’insù invece che affogato nei cocktail. Altro che psicosi da alieno, Torino sembra soffrire dell’euforia per gli avvistamenti scaccia-noia del sabato sera. Il 25 luglio, infine, è un ragazzo dal suo balcone a riprendere prima le evoluzioni notturne di un’unica sfera arancione a cui si vengono ad aggiungere altri due globi luminosi in direzione di Superga. Ancora una volta l’episodio viene registrato alle 23.00. Da segnalare un misterioso lampo di luce azzurra che sembra accompagnare l’evoluzione della prima sfera (o scaturire da essa) e che colpisce un palazzo, squarciando un cielo terso di nuvole…

Flotillas tra Musinè e Vesuvio
E qui sembra che le flotillas nostrane ci abbiano preso gusto e abbiano deciso non solo di non abbandonare più lo stivale, ma di stabilizzarsi saldamente in Piemonte. Nel campo aereo compreso tra la Gran Madre e la collina di Superga. Nulla a che fare con il Musinè, almeno per questa volta. Gli avvistamenti sono continuati a giugno per subire una virata tanto eccezionale quanto incredibile negli ultimi giorni di luglio e nei primi giorni di agosto. Il fenomeno Ufo sui cieli di Torino avrebbe dell’eccezionale se non fosse che qualcosa di simile sta accadendo anche a Napoli. Se in Piemonte però, le autorità preferiscono tacere e lasciare che l’accaduto si sgonfi, in Campania le sfere di luce sono state prese più sul serio e inseguite addirittura da due caccia militari nel cielo di Pozzuoli.

Le sfere in questione avrebbero sorvolato nella notte del 13 giugno anche il cielo di Milano nel quartiere San Leonardo, e Barona. Anche questa volta un residente ha ripreso tutto con la telecamera e il girato è stato inviato al Reparto generale sicurezza dell’Aeronautica Militare a Roma, all’interno del quale dal 1975 esiste una squadra che raccoglie le segnalazioni. Gli uffici dell’Aeronautica hanno ricevuto anche un secondo video risalente al 21 giugno scorso, che riguarda invece un’apparizione a Giuliano, ancora in provincia di Napoli, in località Varcaturo: alle 21.30 appaiono nel cielo sette oggetti luminosi che procedono lentamente in linea retta. Se quest’ultimo avvistamento sembra rientrare negli episodi di massa che stanno scuotendo il territorio campano e che sono sotto stretto controllo militare, nel caso segnalato a Milano, le luci apparse intorno alle 21.45, restano per ora un fenomeno inspiegabile: nessun ente ha infatti segnalato la presenza di movimenti di aerei o perturbazioni in grado di spiegare le apparizioni luminose. L’alone di mistero rimane anche per l’Aeronautica Militare che però, all’ipotesi “alieni” tenta di gettare acqua sul fuoco ricordando che: “nessuno può dire che siano extraterrestri. Ci limitiamo ad affermare che sono oggetti non identificati”. Almeno, questa volta, ci hanno risparmiato la pioggia di meteoriti o l’uscita fuori orbita di qualche pallone sonda! Che già, senza sbottonarsi, va preso come un passo da giganti.

UN BABY ALIENO IN TRAPPOLA

Di Enrica Perucchietti e Paolo Battistel

Le immagini ormai sono passate nei telegiornali e negli speciali di mezzo mondo. I Format messicani che hanno battuto in lungo e largo i luoghi dell’evento riportano la notizia come “il mistero del terzo millennio”... I cuccioli degli alieni scorrazzano liberamente per il nostro mondo?

Ci troviamo veramente di fronte ad una scoperta di tale portata? O si tratta dell’ennesima bufala? Una montatura per screditare ancora una volta il campo dell’ufologia agli occhi delle masse? Può essere invece la prova dell’esistenza sulla terra di una razza proveniente da un altro pianeta o da un’altra dimensione? Oppure il frutto di un esperimento genetico di laboratorio? E se fosse un ibrido umano-rettiliano? O, ancora, un anello mancante dell’evoluzione? Prima di scomodare David Icke e John Rhodes, cerchiamo di mettere ordine ai fatti che in questi ultimi giorni sembra che abbiano assunto una piega inimmaginabile...

Trappola per Topi...

In Messico, nella città di Toluca, nota al grande pubblico per i continui avvistamenti ufo, si è verificato un singolare incontro del terzo tipo.

Il giorno 11 maggio del 2007, Marao Lopez, proprietario di una fattoria nella zona rurale ai margini della città, stava andando a verificare se durante la notte le trappole, messe per i ratti che infestano la regione, fossero scattate quando si rese conto che su una era rimasta imprigionata una creatura di tutt’altro genere. Si trattava di un essere umanoide alto all’incirca 30 centimetri che emetteva dei forti urli striduli.

Il signor Lopez pare sia rimasto molto impressionato dalla cosa, tanto che decise di imbalsamare quella creatura tanto insolita. L’uomo per non rovinarne il corpo tentò a più riprese di affogarla ma la creatura parve non soffrire particolarmente la cosa. Il fattore riferì poi che la sua preda riusciva a respirare come un anfibio. Dopo altri inconcludenti tentativi l’essere venne ucciso e imbalsamato per la personale bacheca dell’uomo.

Il mistero “degno di un thriller esoterico” si infittisce qualche mese più tardi quando l’uomo viene trovato morto dentro la sua auto carbonizzata. Secondo alcune perizie svolte qualche mese più tardi da Joshua P. Warren, un ufologo piuttosto noto nel panorama americano, l’auto con il povero malcapitato all’interno avrebbe bruciato ad una temperatura molto superiore a di quella di una semplice combustione. I sospetti di un omicidio dai tratti fantascientifici inizia così a circolare.

Una morte simile si trasformò in una efficace cassa di risonanza per il Segreto dell’agricoltore e presto giunsero nella fattoria dei Lopez ricercatori da tutto il Messico per studiare il caso. Sottoposta a continue pressioni la vedova Lopez accettò di vendere lo strano cimelio del marito. La creaturina imbalsamata fu ceduta a un’equipe di ufologi messicani tra i quali il famoso Jaime Maussan. La storia è stata così divulgata come la conosciamo noi proprio da questo esperto ufologo cinquantaseienne, pronto a scommettere tutta la sua carriera sull’autenticità del corpo. L’uomo sostiene inoltre che Lopez aveva riferito a familiari e amici che quand’era sopraggiunto nella zona delle trappole un’altra creatura, identica a quella imprigionata, era fuggita via svanendo tra la vegetazione.

Nei mesi successivi il corpo dell’essere fu sottoposto a una serie di perizie incrociate da specialisti di differenti campi, un patologo, un antropologo, un odontologista e un perito forense.

Il corpo riferì agli studiosi numerose risposte: in primo luogo ci si accorse che si aveva di fronte un carnivoro, con sviluppati incisivi adatti a strappare la carne ma privi di alcun tipo di radice, ma ciò che più sconvolse il nucleo di ricercatori giunse dai risultati dell’analisi condotta dal dott. Jesus Higuera a capo del Dipartimento Radiologico dell’Istituto di Nutrizione Messicano, che asserì con totale certezza che «Non si tratta di un Primate».

Dai primi risultati delle analisi condotte presso i laboratori dell’Università di Città del Messico, il dna della creatura non sarebbe riconducibile al dna di nessuna creatura vivente… Prima di balzare dalla sedia e in attesa della prova scientifica definitiva che sveli la vera identità della creatura, le analisi morfologiche dell’essere parlano da sé.

Quello che è stato definito dai più il “Baby Alieno” presenta infatti una conformazione scheletrica che sintetizza tratti umanoidi e quelli di un vero e proprio rettile, senza dimenticare la capacità respiratoria dimostrata dall’essere sott’acqua. Un ibrido umano-anfibio capace di camminare eretto sulla terra ma di sopravvivere anche per lungo tempo in acqua?

Il cranio è forse il tratto fisico che più lo distanzia dalle conformazioni dalle altre specie terrestri avendo la parte posteriore di questo particolarmente sviluppata e allungata, sintomo secondo gli specialisti di un’intelligenza acuta.

Probabilmente siamo vicini all’epilogo del nostro thriller. Il corpo del Baby Alieno si trova ora in Spagna, a Granada, dove in un centro specializzato si sta cercando di risalire con certezza al DNA dell’essere dopo che numerosi tentativi di questo genere non sono ancora riusciti a sciogliere l’arcano. Anche se i risultati di Città del Messico fanno ben sperare…

Un’onda inarrestabile...
La vicenda è ora giunta in Italia e, diffusa attraverso il servizio di Studio Aperto dell’1 Settembre, ha fatto capolino in Europa soprattutto grazie al servizio confezionato dall’emittente tedesca Bild che ha seguito nei giorni scorsi il clamore che il ritrovamento aveva fatto negli stati ispanici.

Attraverso le correnti del web e della tv la notizia ha ormai una portata mondiale anche se la sua attendibilità ha messo le testate giornalistiche nazionali in una posa di relativo scetticismo. Il passato ha insegnato a proceder con calma. L’entusiasmo iniziale e i proclami autenticità per il filmato dell’autopsia aliena Santilli, il video di divulgato da Victor dell’interrogatorio di un’EBE sopravvissuta a un UFO Crash, le molteplici carcasse di chupacabras rinvenute a Elmendorf e Cuero in Texas rivelatesi poi dei falsi, gli svariati avvistamenti del Mothman o del Ropen in Papua Nuova Guinea, solo per fare qualche esempio, hanno sollevato più dubbi che certezze. Almeno negli scettici. Senza fornire ancora alla dottrina dell’ufologia risposte conclusive.

Singolare risalto ha avuto anche in Romania dove nei network nazionali si era dato grande spazio nei mesi scorsi al dibattito sugli scheletri di dimensioni gigantesche ritrovati vicino ai monti Bucegi (vedi Fenix e Xtimes di Luglio). Il canale Antena 1 ha trasmesso nei giorni scorsi un lungo speciale sul Baby Alieno che ha tenuto incollato alla sedia per ore i telespettatori ancora scossi dalle rivelazioni precedenti.

In questi giorni la notizia sembra stia passando anche in Oriente dove Cina e Giappone paiono pronte ad assumere il ruolo di potenti ripetitori per quell’area.

Rettiliani, venusiani, chupacabras e anfibi
Proprio nel regno del Sol Levante le dichiarazioni di Myuki, la moglie del primo ministro Yukio Hatoyama su un presunto rapimento alieno hanno avuto grande risonanza. Per quanto riguarda non i Venusiani protagonisti dell’abduction della first lady, ma dei rettiliani, il Giappone vanta nel campo mitologico leggende inerenti il mostro Tsuchinoko, essere dalle sembianze di serpente lungo tra i 30 e gli 80 cm. Ma sono il Ryu, essere per metà rettiliano per l’altra umanoide e il popolo mitologico dei Kappa, creature anfibie umanoidi, a ricordare di più per le loro caratteristiche fisiche la creatura messicana. E se il pensiero in campo mitologico corre subito ai Naga indiani o ai Puck della mitologia anglosassone, c’è da ricordare che in America i nativi Hopi si tramandano racconti sull’esistenza di una razza di uomini rettile che vivrebbe sottoterra e chiamati Sheti o “Fratelli Serpente”. E ancora, se le testimonianze relative al famigerato chupacabras lo descrivono dall’aspetto simile a un canide, sono molti i testimoni che hanno descritto l’essere dalle fattezze invece simili a quelle di un rettile umanoide. Nel campo dell’ufologia i racconti di addotti relativi alle specie rettiliane o ibride riferiscono in genere di creature imponenti dall’altezza superiore alla media se non addirittura oltre i 2 metri, siano essi provenienti da Orione, Zeta Reticuli, Bellatrix o Alpha Draconis (a parte gli alieni rettiliani dalla testa sottile e allungata e la pelle grigio-chiara autori del presunto rapimento dell’agente di polizia Herbert Schirmer nel 1967 ad Ashland in Nebraska, descritti sotto ipnosi di media altezza, intorno ai 1,4 metri). Nella casistica delle razze rettiliane c’è però da distinguere quella dei cosiddetti piccoli anfibi, dotati della capacità di respirare sott’acqua proprio come il piccolo alieno messicano, e a cui apparterrebbero alcune creature sui 90 cm viste da Betty Andreasson durante alcune delle sue ripetute abductions.

Un precedente sugli Urali
E’ stato il ricercatore del GUFOA Zaza Edilashvill a rendere noto al mondo 13 anni fa il rinvenimento di una creatura simile al bebè alieno messicano. Nel villaggio di Kashtim, sui monti Urali, nell’agosto del 1996 un’anziana signora trovò in fin di vita un essere minuscolo dalle fattezze ibride. Pensando che fosse un neonato malformato lo portò a casa per curarlo, ma dopo appena due settimane di attenzioni la donna si ammalò misteriosamente e fu ricoverata d’urgenza in ospedale dove morì poco dopo. Anche l’essere abbandonato a se stesso non sopravvisse. La morte della piccola EBE segnò l’inizio del mistero. Lungo appena 21 cm e pesante circa mezzo chilo, il corpo venne ripreso dalla polizia di Kashtim con una videocamera VHS. In seguito il cadavere in custodia presso la polizia sarebbe passato nelle mani del KGB. Da allora se ne sono perse le tracce. Nessuna analisi, nessun riscontro scientifico. Solo di recente l’emittente georgiana, la TBU, ha reso pubbliche le immagini girate dalla polizia alimentando dubbi, paure e fantasie.

L’alieno di Portorico
Un altro caso simile di ritrovamento/uccisione di una piccola creatura mostruosa risale al 1979 ed è noto come l’xfiles dell’“Alieno di Portorico”. A rendere pubblico il caso fu l’ufologo Jorge Martin che raccontò di due ragazzi che si erano imbattuti in un gruppo di piccole creature nei dintorni di una caverna di Tetas de Cavy. Allo stupore dei due amici seguì la repentina aggressione da parte di uno degli esseri che afferrò il piede di uno dei due ragazzi. Ad avere la peggio fu proprio il piccolo aggressore che finì con il cranio fracassato da un bastone. Raccolto il cadavere della creatura e dispersi gli altri mostriciattoli nel buio delle caverne, i due amici scapparono e una volta a casa misero il corpo in contenitore pieno di alcool che poi portarono da Wito Morales impresario di pompe funebri. Quest’ultimo lo travasò in un barattolo contenente formalina per evitarne la decomposizione. Il barattolo venne affidato alla custodia di Osvaldo Santiago, ufficiale della Polizia locale, che, dopo aver indagato sull’aggressione ai danni dei due giovani e alla conseguente uccisione dell’essere, lo aveva trattenuto come prova dell’indagine. Dubbioso sull’origine della creatura Santiago interpellò un chimico forense, il dottor Calixto Perez che dichiarò che il corpo non poteva essere quello di un feto: il cranio troppo sproporzionato rispetto al corpo, l’assenza di naso e orecchie di tipo umano, gli occhi a mandorla grandi e incavati come quelli di un gatto, la bocca senza labbra né denti e le braccia molto lunghe lo portavano a pensare a un’entità extraterrestre!

La creatura aveva inoltre le mani palmate con 4 dita terminanti con lunghi artigli e la pelle lucida e verdastra. Per non parlare della pelle grinzosa come quella di un vecchio. Altro che feto! Le conclusioni del chimico non avrebbero però potuto avere riscontro nelle analisi di laboratorio perché due uomini presentatisi come membri della Nasa requisirono il barattolo con il piccolo corpo, di cui rimangono solo alcune foto scattate dal principale della moglie di Osvaldo Santiago.

UNA NECROPOLI DI GIGANTI SOTTO UN MELETO...

di Enrica Perucchietti e Paolo Battistel

Scaieni e la Necropoli dei Giganti dimenticata
Chiunque sia interessato a consultare le numerose trascrizioni delle fonti popolari romene si trova di fronte a un esorbitante numero di storie che hanno per oggetto le vicende di uno o più esemplari di quella che noi chiamiamo razza dei Giganti.

Praticamente ogni zona di quel Paese ha un ricco sostrato autoctono di leggende che riguardano solitamente un eroe eponimo di dimensioni fisiche fuori dal comune e dalla forza smisurata alle prese con la conquista di terre o con l’uccisioni di creature fantastiche.

Nulla al di fuori del comune si potrebbe pensare, ma la”realtà” e la “leggenda” stanno iniziando a perdere i reciproci confini in Romania.

Tra le pendici dei monti Buzaului esiste un piccolo insediamento che si è trovato a dover fari i conti con la problematica verità celata dietro queste antiche leggende. Si tratta di Scaieni, un paese dalla storia antichissima che, nonostante lo scorrere delle generazioni, aveva comunque conservato un ricco patrimonio di leggende sulla razza dei Giganti che, secondo la tradizione, in un remoto passato avrebbe abitato proprio quelle terre.

Ciò che sconvolse la pace di quel centro agricolo accadde oltre vent’anni fa quando si decise di trasformare un grande appezzamento di terra in disuso in un meleto. Quando, dopo l’aratura i contadini iniziarono a scavare più in profondità per piantare gli alberi il suolo iniziò a far emergere dei singolari reperti.

Al principio vennero portati alla luce dei frammenti di vasellame in cui si poteva intravedere delle iscrizioni di un alfabeto sconosciuto poi, quando incuriositi i contadini seguitarono a scavare si trovarono di fronte ad un cranio enorme e delle ossa di braccia e gambe dalle dimensioni inconsuete.

Scossi da quella scoperta inspiegabile gli abitanti chiamarono un esperto a Bucarest che giunto sul posto con il suo staff raccolse i numerosi reperti e dopo aver misurato la lunghezza gli scheletri ricomposti li fece portare a Bucarest.

Gli abitanti attesero per lungo tempo che qualcuno gli suggerisse come procedere, poi non essendo giunta alcuna indicazione dalla capitale presero la decisione di piantare comunque il meleto sopra la necropoli dei Giganti.

Una memoria riportata alla luce
Il fatto sarebbe sicuramente stato dimenticato (poiché gli abitanti stessi oggi non ci danno più un gran peso) se in questi anni non si stesse combattendo la battaglia personale dell’ex agente del kgb Vasile Rudan.

Sotto il regime militare di Ceauşescu, Rudan era stato informato per anni di questi “reperti insoliti” provenienti da più parti del sottosuolo romeno, reperti che il regime aveva l’obbligo di far sparire in fretta e furia intimando il silenzio ai testimoni. Ora Rudan lotta per portare alla luce la verità rompendo il sigillo di un segreto che ha iniziato a prendere forma sin dalla fine degli anni ’40.

Oggi Vasile Rudan è diventato un personaggio pubblico ospite spesso di trasmissioni (vedi il numero di luglio di Xtimes) e referente per giornali e quotidiani. Proprio lui ha raccolto e diffuso la testimonianza degli abitanti di Scaieni, portando nei confini del piccolo paese tv e carta stampata.

In una di queste “perlustrazioni” i giornalisti hanno potuto intervistare approfonditamente un testimone dell’evento, uno dei contadini che aveva piantato il meleto oltre un ventennio prima. Si tratta di Elia Dragoi che si offre gentilmente di accompagnare i visitatori nel luogo degli scavi.

«Ovunque ci sono tombe enormi» spiega l’uomo «Abbiamo iniziato a fare dei buchi per piantare gli alberi quando un cranio grande come una zucca è spuntato fuori».

Il racconto dell’uomo parla di femori dalle dimensioni innaturali e di strani utensili con iscrizioni e simboli sconosciuti. Secondo il signor Dragoi quando sono giunti gli archeologi «hanno trovato molte tombe scavando dove avevamo detto loro, ma hanno rimosso solo qualche scheletro e del vasellame. Il resto è stato rimesso sotto terra e ricoperto».

Gli abitanti hanno visto i camion partire. «Ho sentito che è stato mandato a Bucarest» aggiunge Elia Dragoi che ha anche un idea precisa della lunghezza degli scheletri «sono stati misurati e la loro lunghezza era pari a circa 2 metri e quaranta».

Da allora le autorità non si sono più fatte sentire e gli abitanti di Scaieni hanno così deciso dopo un certo tempo di piantare il loro frutteto.

Qui il signor Dragoi riferisce ai giornalisti l’ennesima anomalia «al primo raccolto gli alberi hanno prodotto delle mele enormi, dalle dimensioni di meloni maturi. Tutti abbiamo pensato che fosse a causa dei Giganti sepolti qui».

La leggendaria terra dei Tartari
Gli abitanti di Scaieni, come in ciascun altro luogo in cui sono stati trovati questi “inspiegabili reperti” fanno coincidere i Giganti con un leggendario popolo citato da Erodoto nelle sue cronache, i Tartari. Lo stesso Elia Dragoi vuole sottolineare che «Noi sapevamo che qui tanto tempo fa c'era un villaggio tartaro. Gli anziani del posto parlavano di uomini alti come gli alberi, ma pensavo fosse solo una leggenda. Ecco che invece non era cosi...».

 I tartari, detti anche dallo storico greco teutari, non sono il popolo mongolo venuto alla ribalta della storia molti secoli dopo invadendo il mondo dalle steppe dell’Asia, ma qui si tratta di un leggendario popolo guerriero che si stanziò in Dacia e nelle regioni limitrofe, di cui possiamo riconoscere ancora le evidenti rovine tra la catena dei Carpazi. Nella remota antichità il popolo dei teutari ha eretto maestosi tumuli funerari e fortificazioni difensive dalle spesse mura di cui oggi sono però visibili solo i resti.

La leggenda vuole che questi Tartari fossero mirabili costruttori e ci viene riferito che fossero “dei favoriti” poiché secondo la leggenda erano stati i primi ad erigere gli altari agli dèi.
Le tracce dei Giganti sul paesaggio

Le terre intorno a Scaieni oltre a ricordare il leggendario passato tartaro sono state abitate per secoli dalle popolazioni dei Mosneni. Un popolo che si stanziò in quelle terre e che adattò un singolare schema architettonico che suscitò persino l’interesse di storici antichi come Plinio e Strabone.

Le loro abitazioni agli occhi del tempo apparivano insolitamente alte, erano case a forma di torri chiamate oggi “Cule”. Si tratta di edifici piuttosto singolari e dalla complessa edificabilità, costruiti con quattro tronchi d’albero interi sopra i quali dovevano essere appoggiati dei blocchi di pietra di grandi dimensioni.

Altrettanto significative erano le difese approntate dai mosneni di fronte alle continue invasioni dei popoli nomadi da est ed ovest. Avevano ideato un valido sistema di punti di osservazione attraverso alte cime e colossali pilastri di pietra a forma di colonna che svettavano sulla foresta, utilizzando poi per la fuga o lo spostamento delle gallerie artificiali che portavano a delle grandi caverne naturali.

Elia Mandricel, un professore di romeno del villaggio di Bozioru, attraverso la raccolta e lo studio sistematico dei racconti riferiti dalla gente è riuscito a trovare due enormi pilastri, probabilmente risalenti all’età dei Tartari, in mezzo alla foresta Tainita. Sotto i pilastri il prof. Mandricel ha scoperto due ampie gallerie artificiali che conducono a delle grotte sotterranee.

Ciò che Mandricel si chiede è chi ha potuto compiere una tale opera in mezzo ad una foresta inaccessibile e soprattutto con quali mezzi. Sicuramente sarebbe stato necessario o un’evoluta abilità ingegneristica o una grande forza fisica.

Caverne, Giganti e Alchimia
Come abbiamo già visto nel precedente studio, (v. numero luglio di Fenix), il binomio caverna-Giganti emerge in quasi tutti i miti e leggende antichi. In sintesi possiamo affermare che i luoghi di culto a noi più conosciuti si trovano in prossimità di caverne attorno alle quali si coagula un gran numero di saghe. Siano esse rifugio, prigione o dimora di stirpi di Giganti. Il motto ermetico Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam, acronimo latino del V.i.t.r.i.o.l, applicato a queste ricerche (allegoria ne è proprio il romanzo Razza Ventura di sir Edward Bulwer Lytton) sembrerebbe non simbolizzare soltanto che la ricerca della pietra filosofale è celata nelle viscere della Terra (e con essa il Vril), degli Inferi, dell’Inconscio, insomma il regressus ad uterum, ma sembra evocare qualcosa di più antico, in parte dimenticato dalla memoria dell’uomo. Un retaggio, un ricordo di un messaggio esoterico: forse che i popoli sotterranei, progenitori o antagonisti dell’uomo detenevano il segreto dell’alchimia? Si cela questo dietro l’insegnamento di Ermete Trismegisto? Il popolo sotterraneo di Giganti, i Vrilya, creato dal romanziere inglese, sembra alludere a un messaggio storico dietro all’allegoria prettamente esoterica: l’esistenza di una razza di Giganti detentrice del segreto alchemico del Vril costretta dopo una catastrofe ambientale a trovare riparo sottoterra. La memoria di queste stirpi giace sepolta sotto la coltre del passato, racchiusa nei testi letterari e religiosi delle antiche civiltà. Emerge dal sottosuolo, dai miti, dalle saghe, dall’ispirazione letteraria, dall’insegnamento dei Maestri della Tradizione. Abbiamo già ripercorso la genealogia del mito dei Giganti, ma la connessione antro-gigante rimanda spiccatamente non solo ad Agarthi, alle avventure di Gilgamesh, a Polifemo, alle creature angeliche di Razza Ventura, ai racconti degli Indios sulla città sotterranea di Akakor, al mito nazista del popolo di Giganti progenitori di Sumeri e Germani, custodi del segreto del Vril e provenienti dal pianeta Aldebaran, nella costellazione del Toro…ma più vicino a noi nel tempo a numerosi ritrovamenti di mummie di altezza che variano dai 2,5 ai 7 metri di altezza che sembrano emergere da grotte, caverne, miniere, vulcani di tutto il mondo. Si nasconde qualcosa di reale, di storico, dietro il racconto del mito, dietro il significato del simbolo?

Mummie dai capelli rossi
Un’altra città sotterranea, meno mitica ma più storica va situata nella Death Valley, a 210 km da Las Vegas e in una nazione – il Nevada - che nell’era contemporanea vanta altrettanti racconti assurti a miti di quella che si può definire la religione atea del XX secolo, l’ufologia.

Tutto ebbe inizio nel 1911 quando nella miniera di Lovelock, capoluogo della contea di Pershing, vennero rinvenuti i resti mummificati di misteriosi umanoidi giganti dai capelli rossi e dai corredi funebri che ricordavano quelli dei nativi americani. I corpi misuravano dagli 8 ai 12 piedi, ossia circa 2,5 metri d’altezza. Come avvenne in molti altri ritrovamenti di reliquie di Giganti i reperti vennero in parte persi, ma alcune ossa e artefatti si salvarono e ora fanno bella vista di sé presso il museo di Winnemucca presso la contea di Humboldt.

Della limitrofa e ben più famosa Death Valey, invece, si iniziò a parlare ventun’anni dopo nel libro di Bourke Lee, “Death Valley Men”, in cui si narra la storia di due uomini, Billy e Jack, provenienti dalla Death Valley, i quali sostenevano di aver scoperto i resti di un’antica civiltà in seguito a una caduta rocambolesca nel fondo di una miniera nei pressi di Wingate Pass. Anche in questo caso, come a Scaieni in Romania, a Kossuth nello Iowa, in Minnesota, Bolivia, Ecuador, Perù, o nella a noi più vicina Pauli Arborei in Sardegna, è il “caso” a portare persone del tutto ordinarie a compiere una scoperta del tutto straordinaria. Ricalcando il leit motiv di Razza Ventura, Billy e Jack una volta ritrovatisi in fondo alla miniera avrebbero seguito i corridoi della caverna per circa 20 miglia trovandovi all’interno mummie di proporzioni enormi conservate in quella che appariva come una vera e propria città sotterranea a misura di Gigante. Le mummie indossavano fasce sulle braccia e portavano lance d’oro. Tra gli oggetti, statue gigantesche, simboli che ricordavano i geroglifici, una tavola rotonda di grandezza spropositata, lingotti d’oro e gemme preziose, carriole di pietra a misura di Giganti ed enormi porte di pietra.

I misteri della Death Valley
Tornando alla città sotterranea della Death Valley, i due novelli esploratori scoprirono inoltre che la fonte di luce per questa città era un ingegnoso sistema alimentato da gas del sottosuolo. Studiando la conformazione del terreno e delle pareti della caverna, i due arrivarono alla conclusione che l’antica città era probabilmente stata costruita sott’acqua secoli addietro; ciò avrebbe potuto spiegare le strutture ad arco simili a banchine per l’attracco delle navi. Una novella Atlantide? Come in tutte le scoperte del genere, il destino ci mise ancora una volta lo zampino, occultando ciò che aveva appena rivelato a occhio umano: Billy e Jack, ritornati in superficie con parte dei tesori scoperti, cercarono di vendere i reperti ad alcuni scienziati dello Smithsonian Institute, ma i manufatti furono inspiegabilmente rubati e i due uomini non riuscirono più a ritrovare la via d’accesso al regno sotterraneo. Per 15 lunghi anni il racconto si trasformò in leggenda, fino a che nel 1946 il più autorevole dottor Bruce Russell raccontò di aver rinvenuto anch’egli l’accesso alla città sotterranea nel 1931, ovvero un anno prima che il libro di Bourke Lee vedesse le stampe. Anche Russel riferì di avervi trovato delle mummie alte due 2,5 metri e descrisse i reperti del corredo funebre come ornamenti in stile egiziano e oggetti in pelle che ricordavano invece le guarnizioni usate dai nativi americani. Anche la storia del dottor Russel avrebbe avuto una fine altrettanto misteriosa di quella di Billy e Jack. Dopo aver fondato insieme a un gruppo di investigatori la Amazing Explorations con lo scopo di ritrovare l’accesso al regno sotterraneo e trarre guadagno dalla vendita dei reperti, l’auto del dottor Russell fu rinvenuta guasta e abbandonata nella Valle della Morte. Del dottor nessuna traccia.

I Paiute e i Si-Te-Cah
Questi Giganti dagli 8 ai 12 piedi di lunghezza e dai capelli rossi fiammanti, trovano radici nei racconti dei Paiute. I nativi americani battezzarono questi esseri umanoidi alti circa due metri e mezzo Si-Te-Cah. I Paiute narrano infatti nelle loro leggende che quando si insediarono nella zona del Nevada trovarono una popolazione ostile di Giganti. Con sommo orrore scoprirono presto che questi esseri non svettavano solo in altezza ma trovavano di proprio gradimento la carne umana. Da qui la difficoltà alla convivenza. Decisi a non farsi sterminare, i Paiute per sopravvivere intrapresero una lotta senza quartiere contro i cannibali Si-Te-Cah, terminata inaspettatamente con la sconfitta dei Giganti che vennero costretti a cercare rifugio nelle caverne incendiate con frecce infuocate. La maggior parte di essi morì arsa viva, la restante parte finì asfissiata nel sottosuolo.

Ma mummie di Giganti sui 2,5 metri, dai capelli rossi e con vestigia di pelle, ornamenti dorati e simboli che ricordano i geroglifici non si trovano solo in Nevada. Reperti simili si segnalano ad esempio nelle isole Hawaii e nello Iowa. Con una caratteristica in più: una doppia fila di denti acuminati sopra e sotto la mandibola, come gli squali. Ma andiamo per gradi.
Giganti con denti da squalo

A Kossuth, nello Iowa, nel 1911 un contadino, Marvin Rainwater, scavando nel suo appezzamento di terra portò alla luce una curiosa struttura artificiale. Quella che sulle prime gli sembrò essere soltanto una grossa lastra di pietra si rivelò a un esame più attento una costruzione di basalto, granito e magnetite formata dall’accostamento di numerose lastre megalitiche, lisce e levigate, poste una sull’altra con perfezione architettonica. Tra una pietra e l’altra sembravano non esserci fessure, tant’è che era impossibile inserirvi la lama di un coltello. Non bastò l’aiuto di amici e famigliari chiamati a dare una mano con gli scavi. La scoperta assumeva ogni giorno una maggiore aurea di mistero. Il contadino allertò l’Università che inviò immediatamente una squadra di specialisti, archeologi e geologi, a cui si aggiunsero in un secondo tempo degli antropologi, capeggiati dal dottor Albert Grosslockner. L’archeologo diede presto alla luce una stanza quadrata di 560 metri per lato che scoprì essere la base di una vera e propria piramide di pietra al cui interno erano conservate 7 mummie di 2,5 metri di lunghezza. Necropoli costruita secondo un arcaico rituale che rimandava alla cultura egiziana (se non ancora più antico) o prigione eretta dall’uomo per contenervi mostri dalle dimensioni spropositate? Gli umanoidi mummificati avevano tutti i capelli rossi, pelle grinzosa e spessa come abbronzata, il cranio allungato, il mento basso. Ma ciò che sbalordì gli studiosi fu l’esame della mandibola delle creature: ognuna di esse aveva due fila di denti sopra e sotto le mascelle… caratteristica ideale per dei Giganti mangiatori di uomini…



















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